Il buono di Amalfi: lo Sfusato
Da sempre in Campania e in speciale modo in costiera Amalfitana il limone è associato a formaggi e latticini, ricotta, mozzarella, caciocavallo podolico, provola e scamorza.
Qui io ho voluto usare una provola fresca affumicata che ho messo tra due foglie di limone è una fetta dello stesso e poi su una piastra bollente o una griglia o anche una padella antiaderente, come meglio credete.
Serve calore come al nostro desiderio d’estate.
In questo modo il calore passa gentilmente dalla foglia alla scamorza che sciogliendosi viene abbracciata dal limone quello buono, lo Sfusato di Amalfi che lascerà tutto il suo profumo e quella giusta acidità per contrastare la dolcezza della provola.
Questo piatto potrà essere gustato caldo o tiepido ma sempre sentendo il sapore del mare e del vento che fanno di questo limone un’opera divina.
Mi piace aggiungere qui una suggestione letteraria. La visione improvvisa dei limoni dopo l’inverno si fa quasi rivelazione metafisica in questa poesia scritta nel 1921 da Eugenio Montale.
I LIMONI di Eugenio Montale
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.