Gli spaghetti allo scarpariello, co’ u’ sapore e Napule!
Questa volta ti voglio portare in un posto molto speciale. Hai presente Napoli? Con il suo Golfo meraviglioso sul quale si affaccia il Vesuvio o, come lo chiamano i napoletani, “a muntagna”, dominato sul lato opposto dalla magnificenza del Maschio Angioino, l’imponente fortezza voluta da Carlo I d’Angiò?
Questa terra così contraddittoria, fatta di tanti colori, è legata ad un mare che parte dai toni del blu per arrivare quasi al nero, perché è il mare di una terra vulcanica.
Entrando nel cuore della città ti puoi inoltrare nei famosi vicoli di Napoli, ravvicinati uno all’altro (int’e viche miezo all’ate, cantava Pino Daniele) dove troviamo i bassi, i vasci, le tipiche case con le scale a scendere anziché a salire. È qui che nasce lo scarpariello.
Che cos’è lo scarpariello? Lo dice la parola. Viene dal termine “scarparo” che in italiano significa ciabattino. Allora come ora Napoli è la terra dei calzolai più famosi. E già a partire dal ‘700 fra quei viche miezo all’ate nasce un modo particolare di mangiare la pasta.
La domenica nelle famiglie si mangiava la pasta con il ragù. Quello che avanzava veniva usato il giorno dopo per condire uno spaghetto nel retrobottega, con l’aggiunta di molto, molto formaggio. Tantissimo formaggio perché allora gli scarpari non venivano pagati se non in natura. I ‘padroni’ delle botteghe provvedevano al cacio per il ragù avanzato e nei retrobottega si univa il tutto creando una salsa molto cremosa, chiamata appunto scarpariello.
Dal retrobottega dei ciabattini alle tavole dei ristoranti prestigiosi: oggi lo scarpariello è diventato un piatto gourmet! Lo puoi vedere nella foto qui sotto, dove troverai anche la ricetta alla mia maniera degli Spaghetti allo scarpariello, co’ u’ sapore e Napule!
Prima di abbandonarci alle vacanze, ti voglio mandare anche un saluto poetico: l’Ode al pomodoro di Pablo Neruda, che celebra le suggestioni del Sud e di questo meraviglioso frutto rosso dell’estate.
Buone vacanze e a prestissimo con un calendario ricco di eventi in programma a partire da settembre!
SPAGHETTI ALLO SCARPARIELLO
🥄Ingredienti
- 400 g di spaghetti
- 500 g di pomodorino datterino
- 50 g di Parmigiano reggiano grattugiato
- 50 g. di Pecorino romano grattugiato
- Qualche foglia di basilico
- ½ peperoncino fresco piccante
- 1 spicchio d’aglio
- Olio extravergine di oliva
- Sale
🥄Procedimento
- Prima di tutto metti sul fuoco una pentola con dell’acqua, nella quale andrai poi a cuocere la pasta. Ora dedicati alla preparazione della salsa.
- Lava i pomodorini e tagliali a metà, apri il peperoncino, rimuovi i semi (ma se ti piace il piccante usalo tutto) e tritalo finemente.
- In un tegame metti due giri d’olio ma anche di più, la salsa deve essere bella condita. Unisci lo spicchio d’aglio e il peperoncino e fai rosolare su fuoco dolce fino a sentire i profumi che si sprigionano dall’olio. Aggiungi i pomodorini e lascia che appassiscano dolcemente. Aggiusta di sale.
- Nel frattempo cuoci gli spaghetti (al dente, mi raccomando:).
- Infine scola gli spaghetti e versali nella salsa di pomodorino, tenendo da parte un mestolo di acqua di cottura. Elimina l’aglio se non ti piace e aggiungi il basilico. Ora unisci pecorino e parmigiano e comincia a mantecare aggiungendo un po’ d’acqua di cottura in modo da creare una crema che abbraccia gli spaghetti.
- Impiatta e goditi questa meraviglia ricca di storia e di sapori di una terra felice come la Campania.
PABLO NERUDA A CAPRI
Costretto all’esilio dalle continue vessazioni del governo cileno, nel 1952 il poeta Pablo Neruda si rifugiò a Capri. La sua permanenza sull’isola ispirò il libro dello scrittore cileno Antonio Skármeta Il postino di Neruda, da cui è stato tratto il film di Michael Redford Il postino, interpretato da Philippe Noiret e Massimo Troisi, con al fianco una bellissima Maria Grazia Cucinotta.
Alle atmosfere del sud Neruda dedicò molte delle sue poesie, fra cui la bellissima Ode al pomodoro, un elogio a questo meraviglioso frutto estivo che vi riporto qui in versione integrale.
ODE AL POMODORO di Pablo Neruda
La strada si riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di un pomodoro, scorre per le strade il succo. In dicembre senza pausa il pomodoro, invade le cucine, entra per i pranzi, si siede riposato nelle credenze, tra i bicchieri, le matequilleras le saliere azzurre. Emana una luce propria, maestà benigna. Dobbiamo, purtroppo, assassinarlo: affonda il coltello nella sua polpa vivente, è una rossa viscera, un sole fresco, profondo, inesauribile, riempie le insalate del Cile, si sposa allegramente con la chiara cipolla, e per festeggiare si lascia cadere l'olio, figlio essenziale dell'ulivo, sui suoi emisferi socchiusi, si aggiunge il pepe la sua fragranza, il sale il suo magnetismo: sono le nozze del giorno il prezzemolo issa la bandiera, le patate bollono vigorosamente, l'arrosto colpisce con il suo aroma la porta, è ora! andiamo! e sopra il tavolo, nel mezzo dell'estate, il pomodoro, astro della terra, stella ricorrente e feconda, ci mostra le sue circonvoluzioni, i suoi canali, l'insigne pienezza e l'abbondanza senza ossa, senza corazza, senza squame né spine, ci offre il dono del suo colore focoso e la totalità della sua freschezza.